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Jesi: I quadri “nazareni” nella chiesetta di palazzo Mereghi

I quadri “nazareni” nella chiesetta di palazzo Mereghi 5' di lettura 15/12/2021 - Quando il marchese Raffaele Mereghi trasformò il convento delle benedettine di S. Anna per il Corso nella propria residenza di città (1878-1880), trovò opportuno risistemare anche la chiesetta annessa di S. Anna e, una volta trasformata in cappella di famiglia (1881) aperta ai fedeli, dedicarla al Sacro Cuore.

La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo. Sull’onda di questa devozione che coinvolse tutto il mondo cattolico, proliferarono quadri e stampe raffiguranti il Sacro Cuore fiammeggiante, quasi sempre posto sul petto di Gesù che lo indica agli uomini.
Ed un esempio lo possiamo ammirare proprio nel quadro d’altare di questa chiesa. La parte decorativa della chiesa venne affidata dal Mereghi all’ormai anziano pittore jesino Luigi Mancini (che morirà l’anno dopo aver eseguito i lavori, nel 1881), mentre le tele dei tre rispettivi altari, realizzate anch’esse intorno agli anni ottanta del XIX sec., vennero commissionate ad un pittore religioso che l’Annibaldi, nella sua Guida di Jesi del 1902, indica in Fra Silvestro da Bagnoregio.
E benchè lo stesso Annibaldi avesse aggiunto che, a detta degli intenditori, quelle tele erano da apprezzare, nessuno in tutti questi anni si è mai soffermato non dico a studiarle o ad analizzarle (non mi risulta neppure che siano mai state fotografate) ma quanto meno a contestualizzarne la pur evidentissima e quasi esclusiva funzione devozionale.
Così come non sono al corrente di lavori di ricerca effettuati sul suo autore.

Ed è proprio su questi ultimi aspetti che intendiamo soffermarci. Iniziamo, dunque, dai dipinti.
Sulla tela dell’altare di destra è raffigurato il “Transito di S. Giuseppe”. Un S. Giuseppe morente, semidisteso sul letto, è sorretto da Gesù benedicente, seduto sulla sinistra con una veste rossa e un manto azzurro, mentre in ginocchio, sulla destra, la Vergine orante, vestita di un azzurro più luminoso, assiste gli ultimi attimi di vita del congiunto.
In terra, in primo piano, spicca la verga fiorita di S. Giuseppe. In alto, sopra una densa nuvola, tre angeli mesti sono pronti ad accogliere l’anima del Santo.

Sulla tela dell’altare di sinistra è rappresentata “S. Anna che educa la Vergine e S. Gioacchino” (il dipinto è in cattive condizioni). In uno schema compositivo simile al precedente, dove in questo caso alla figura del Cristo seduto si sostituisce quello di S. Anna, con il libro aperto sulle ginocchia, la Santa è colta mentre impartisce alla Vergine un’educazione religiosa.
Gioacchino, rappresentato a figura intera, osserva pensoso.

Il quadro d’altare, come abbiamo detto, rappresenta il Cristo del “Sacro Cuore”, di cui colpisce ed emoziona lo sguardo tenero e colmo di benevolenza. Per quanto l’artista si rifaccia ad un’iconografia tradizionale, ammirevole è la struttura triangolare su cui si innestano non solo la figura del Cristo con gli angeli sottostanti, ma anche le nuvole sospese su un vago paesaggio e i cherubini che, a gruppi di tre, fanno da corolla alla testa del Cristo.

Nell’insieme, i tre dipinti sono aggregabili a quella vasta produzione di arte religiosa e devozionale ottocentesca che fa capo alle dottrine dei pittori cosiddetti nazareni, i quali, sull’esempio dei grandi artisti del passato, come Perugino, il giovane Raffaello e Pinturicchio, ricercavano nelle loro opere la “semplicità, attraverso la quale, passa la vera bellezza”. Nelle quali, così come sarà per il nostro artista, “il pregiato credo artistico s’innestava direttamente su quello religioso, in sostanza, ne era la linfa segreta e vitale e la vera forza generatrice”.

Proviamo ora a tracciare un profilo biografico ed artistico dell’autore dei tre dipinti. Quello che l’Annibaldi indica come Fra Silvestro da Bagnoregio (ma verrà chiamato anche Fra Silvestro dei Carmelitani Scalzi) è da identificare in Fra Silvestro di S. Luigi Gonzaga, al secolo Quirino Reali, nato a Ferentino (FR) il 7 gennaio 1830 e morto a Roma, nel Convento di S. Maria della Scala, il 24 aprile 1901. Silvestro veste l’abito di fratello converso nel 1850 e inizia a professare dopo due anni di noviziato. Religioso esemplare univa l’esercizio di molte virtù a una rara perizia nell’arte farmaceutica e pittorica. Per molto tempo presterà servizio nella Farmacia di S. Maria della Scala, di cui diverrà titolare e direttore premuroso. Allievo del celebre pittore nazareno Federico Overbeck (1789 – 1869), espresse il suo talento artistico in “molte e devote immagini” realizzate in varie chiese.Particolarmente apprezzati sono i suoi lavori eseguiti nella Cattedrale e nella chiesa di S. Bonaventura a Bagnoregio durante l’episcopato del carmelitano Mons. Raffaele Corradi (1867 – 1884). Altri dipinti di Fra Silvestro di S. Luigi Gonzaga sono conservati nella chiesa dei SS. Giuseppe e Teresa a Viterbo, nella chiesa dei carmelitani di Monte Compatri, nella chiesetta dell’Eremo di Montevirginio, nel Convento di S. Teresa a Caprarola e nella chiesa romana di S. Maria della Scala dove, nella calotta dell’abside, l’artista rappresenta il Divin Salvatore, con ai piedi la Madonna e S. Giuseppe e ai lati S. Teresa di Gesù, la B. Maria degli Angeli, S. Alberto e S. Giovanni della Croce (1891 - 1894). Un piccolo suo album con 50 bozzetti (cm. 19x13) è conservato a Roma, nell’archivio conventuale di S. Maria della Vittoria.

La chiesa oggi sconsacrata è momentaneamente chiusa al pubblico. Rimane aperta dal 8 al 23 dicembre per ospitare il mercatino allestito dall’Aido.








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 15-12-2021 alle 09:40 sul giornale del 16 dicembre 2021 - 155 letture

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