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Senigallia: Povia, la Shoah e il concerto annullato

2' di lettura 13/08/2021 - Questo non è un articolo sul Covid o sui vaccini; è un articolo sulle parole. Non ho infatti, diversamente dalla moda del momento, le competenze medico-scientifiche per trattare i primi due argomenti (alcuni giorni fa ho sentito un idraulico parlare convintamente di DNA, RNA e vaccini a vettore virale).

Le parole di cui intendo parlare sono quelle false, insulse e strumentali che a volte fanno male.

Mi riferisco ovviamente all’assurdo quanto improbabile paragone fatto dal cantante Povia e dai suoi accoliti, tra l’obbligo di esibire il green pass e le famigerate leggi razziali, che tante polemiche ha suscitato fino all'annullamento del previsto concerto qui a Senigallia.

A tal proposito, come ebreo, intendo far presente a questa persona, parte della storia della mia famiglia:
tre cugini di mia madre (Enzo, Franca e Lea) e la zia furono rastrellati il 16 ottobre a Roma. Messi su un carro merci il 18 ottobre arrivarono ad Auschwitz il 23.
Non riesco nemmeno ad immaginare cosa possa aver provato la zia Adalgisa in quei 5 giorni passati in piedi, senza acqua, senza cibo, senza servizi igienici (e dover espletare i propri bisogni corporali…) cercando di rassicurare i propri figli, lei che, probabilmente, aveva anche più paura di loro.
Mandati a morire appena arrivati perché “inabili al lavoro”.
Stessa sorte per Cesare il fidanzato di mia madre. Pubblicazioni fatte, festa di fidanzamento pure. Rastrellato anche lui (28 gennaio ’44), deportato ed ucciso.
A mia madre andò meglio: nascosta per un anno circa in una soffitta in provincia di Macerata. Certa che se fosse stata scoperta avrebbe fatto la stessa fine dei cuginetti, della zia e del fidanzato. Altro che green pass!

Tralascio le vicissitudini degli altri membri della famiglia altrimenti dovrei scrivere un romanzo.

Questa è solo una delle tante, troppe storie che hanno visto coinvolti gli ebrei durante la Shoah e se qualcuno insiste nel paragonarci il green pass, o è un cretino o è in malafede.

Vorrei anche ricordare che il passaporto vaccinale è sempre esistito (in calce all'articolo la foto del mio degli anni ’70, all’epoca obbligatorio per potersi spostare in alcuni paesi extraeuropei) il tutto senza tanto clamore e strumentalizzazioni, così come la richiesta di un documento d’identità ogni qualvolta ci si presenta in una struttura alberghiera.

In conclusione il mio non è un invito a vaccinarsi o a non farlo, ma solo a misurare le parole ed evitare stupidi ed inutili parallelismi offensivi per chi ha subito quei tragici eventi.

E se Povia ha rinunciato a cantare a Senigallia, se questi sono i messaggi che lancia ai giovani, sono più che contento che sia andata così.








Questo è un articolo pubblicato il 13-08-2021 alle 08:33 sul giornale del 14 agosto 2021 - 657 letture

In questo articolo si parla di attualità, shoah, ettore coen, olocausto, articolo, L'Altra Senigallia

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