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Senigallia: Festival Epicureo: arriva la Meditazione Zen di fronte al mare

4' di lettura 19/08/2019 - Venerdì 30 agosto alle ore 18:00 presso la sala Conferenze del Raffaello Hotel il monaco Zen Salvatore Sottile presenterà il suo libro "Epicuro di Samo maestro Zen" e la mattina dopo alle 7:00 presso i Bagni Carlini 51 terrà una meditazione Zen di fronte al mare aperta a tutti. Vivere Senigallia lo ha intervistato.

Vivere Senigallia: Sei un monaco Zen. Cosa vuol dire? Vivi in un monastero?
Salvatore Shogaku Sottile: Essere monaco è dar corpo al voto di praticare e trasmettere la Via insegnata dall'esperienza storica di Siddharta Gautama Shakyamuni detto il Budda, il Risvegliato.
È un orientamento forte impresso alla propria vita e, nella tradizione che mi è venuta incontro, intorno ai trent'anni, quella Zen, non è dirimente vivere in un monastero o nel mondo.


Vivere Senigallia: Nel tuo libro paragoni lo Zen alla filosofia di Epicuro. Cosa hanno in comune?
Salvatore Shogaku Sottile: Anche se il titolo che ho voluto dare al mio libro, Epicuro di Samo, maestro Zen, intendeva provocare una riflessione, non essendo consueto un tale accostamento, entrambe le esperienze poggiano sul medesimo macigno: la sofferenza umana. Cos'è, esattamente? E come se ne può uscire?
Epicuro dice: Tutta la terra vive nel dolore; ed essa ha per il dolore la più grande disposizione. (1) ; Buddha, con la prima delle Quattro nobili verità (2) proclama la verità di Dukka, solitamente resa con sofferenza (3).
Da qui in avanti, la filosofia epicurea e l'insegnamento buddhista elaboreranno progetti propri che, almeno fino all'intendimento del concetto di desiderio, procederanno appaiati.
L'intendimento epicureo che si legge nella Massima 1 (4) , difatti, proprio per quel considerare equivalenti sia la collera che la benevolenza, invitando a
rimanere in mezzo (5), è straordinariamente simile all'atteggiamento interiore con il quale si affronta la pratica meditativa Zen (6).
E se non scelgo, se comincio a vivere non affetto né dalla collera né dalla benevolenza, cosa resta? Il piacere puro, per Epicuro; la mente immobile, per lo Zen.

Vivere Senigallia: E cosa separa Epicuro dallo Zen?
Salvatore Shogaku Sottile: Almeno la questione riguardo al non-sé. Niente di ciò che esiste è dotato di un'esistenza intrinseca, vive per sé e in sé. Sabbe dhamma anatta, insegna Buddha. Tutti i dharma, tutte le cose, sono senza sé. E in questo tutti, è incluso anche l'io dell'uomo.
Esistono, le esistenze, ma lo fanno in una forma condizionata. E, per togliere di mezzo equivoci, non è che prima esistono e poi vengono condizionate; ma, piuttosto, esistono in quanto condizionate, esistono, cioè, perché sono condizionate. Dice Buddha: Poiché questo esiste, quello esiste.
Per dirla con linguaggi che ci appartengono, prendiamo la dimostrazione cartesiana a proposito: posso dubitare di tutto, ma non del fatto che dubito, ossia che c'è un io che dubita. Ebbene, l'io che dubita cartesianamente non ha consistenza al di fuori della sua attività dubitante, ossia non esiste se non in rapporto a ciò di cui dubita.

Vivere Senigallia: Sabato mattina terrai una meditazione Zen davanti al mare. Eppure la meditazione Zen va fatta davanti un muro bianco.
Salvatore Shogaku Sottile: Il muro non è fuori, ma nello sguardo di chi medita.
La luce soffusa, il silenzio, il muro bianco sono tutti espedienti per rendere più profonda la presenza concentrata di chi siede. Il mare è un gran bel muro.


Vivere Senigallia: Secondo te Epicuro meditava come un monaco Zen?
Salvatore Shogaku Sottile: Se, come nella parabola evangelica, l'albero si vede dai suoi frutti, sì, Epicuro è stato un grande maestro Zen.

Puoi trovare l'intero programma del Primo Festival Epicureo qui: http://epicuro.org/festival-2019/
Dopo la meditazione Zen il festival offrirà ai presenti una colazione greca: un attanitai al miele (fino ad esaurimento) realizzato da Co' magnam stasera?

(1) Citato in A.J. Festugiere, Epicuro e gli dei, pag. 1
(2) La sofferenza; la causa della sofferenza; la cessazione della sofferenza; il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza.
(3) Dicevo che, di solito, si traduce Dukka con sofferenza; il che non è sbagliato. Ma è da ricordare che nell'Anguttara Nikaya è presentata una lista di felicità, da quelle più materiali a quelle più spirituali, le quali sono ugualmente dette impermanenti, dukka e soggette a cambiamento. È necessario, perciò, per non cadere nel tranello che fa poi vedere il buddhismo come pessimista o, peggio ancora, nichilista, associare sempre l'idea di sofferenza a quella di impermanenza.
(4) Ciò che è felice e incorruttibile non ha esso stesso difficoltà e non ne procura all'altro; in tal modo non è affetto né dalla collera né dalla benevolenza; perché tutto ciò che è di tal genere è in una situazione di debolezza.
(5) È il caso di dire che Buddha chiamava il proprio insegnamento Via di mezzo?
(6) Il più antico poema Zen proclama: La Via più alta non è difficile, ma non bisogna scegliere.






Questa è un'intervista pubblicata il 19-08-2019 alle 23:59 sul giornale del 21 agosto 2019 - 766 letture

In questo articolo si parla di cultura, michele pinto, intervista

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