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Ancona: Re del Macrobiotico, arrivano gli avvisi di garanzia. Prima vittima a denunciarli una donna

avvocati legge tribunale 6' di lettura 16/03/2018 - Sono già stati spediti gli avvisi di garanzia dopo il caso che ha fatto parlare Ancona e non solo. La presunta setta del Macrobiotico dove figurano il guru e la moglie, ma anche due stretti collaboratori sarebbero stati raggiunti dagli avvisi di conclusione delle indagini preliminari da parte della Direzione Distrettuale Antimafia. Depositate anche le intercettazioni, dall'esame dei flussi contabili cinquanta posizioni bancarie e postali

Dopo il caso del guru della macrobiotica, indagato con altre tre persone per associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, ma anche lesioni aggravate, evasione fiscale ed esercizio abusivo della professione medica. Arrivano gli avvisi di garanzia da parte della procura della Repubblica di Ancona dove è titolare dell'indagine il Sostituto procuratore Paolo Gubinelli.

Si tratta solo dei primi avvisi, quelli del più ristretto "cerchio" del regno del Macrobiotico tra le Marche (Ancona e Macerata) e l'Emilia Romagna (Forlì e Cesena) e soprattutto al "re" nato a Tirana in Albania, M.P., e alla sua consorte, L.V.. Tra questi anche alcuni stretti collaboratori G.B, orginario del fanese. W.K.S. quest'ultimo originario di Milano. Tutti residenti però a Tolentino nel maceratese. Sebbene a dirigere sarebbe stato proprio P. e a coordinare la moglie dello stesso, a gestire invece in qualità di titolare dell'associazione e con altre cariche sarebbe stato proprio G.B.

IL CASO. La complessa attività d’indagine fu avviata nel 2013 quando presso la Squadra Mobile di Forlì si presentò una donna classe ‘73, intenzionata a riportare la propria esperienza nell'associazione, asserendo che, soltanto dopo mesi dalla fuoriuscita dall’associazione in cui aveva ripreso gradualmente i contatti con il mondo esterno, aveva riacquistato le forze fisiche e la propria autonomia critica. La donna spiegava di aver maturato la decisione di raccontare i fatti di cui era stata vittima soprattutto mossa dal proposito di interrompere un comportamento consolidato da anni che ha recato e continua a recare grave danno alla salute di tante persone, rendendole schiave. La sua esperienza aveva avuto inizio in alcuni punti Macrobiotici della Romagna e delle Marche dove aveva subito un “indottrinamento” in un momento di forte fragilità emotiva dovuta alla sua malattia. Aveva creduto ai racconti sui benefici “miracolosi” della dieta elaborata dal vertice della setta, ben 5 livelli sempre più restrittivi, in grado di guarire malattie incurabili per la medicina ufficiale ed all’importanza di diffondere questo stile di vita per “salvare l’umanità”. Dal racconto dettagliato della donna emergeva come il fondatore di questa associazione M. P. del ‘44 attraverso il rigido controllo dell’alimentazione e le negazione del mondo esterno, soprattutto medico, manipolava gli “adepti” arrivando gradualmente a gestirne l’intera vita allo scopo di ricavarne un arricchimento personale, grazie alla creazione di società a lui riconducibili operanti nel settore dell’alimentazione ed allo sfruttamento del lavoro degli adepti impiegati nei numerosi Centri riferibili all’associazione sparsi sul territorio Nazionale che, di fatto, organizzavano un circuito di ristorazione no profit e a costo zero.

Dalle indagini spuntavano altre “vittime” uscite e non, disponibili a raccontare le dinamiche dell’Associazione, nonché le indagini patrimoniali, hanno portato l’Autorità Giudiziaria forlivese ad ipotizzare i reati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, lesioni aggravate ed evasione fiscale. L’indagine, infine, veniva successivamente trasferita per competenza territoriale alla Procura distrettuale di Ancona e seguita dalla Squadra Mobile Distrettuale del capoluogo marchigiano.

Nel contesto dorico, gli investigatori della Polizia di Stato proseguivano la ricerca di coloro che, una volta usciti ed ancora turbati da tale esperienza, erano disposti a rappresentare e denunciare quanto occorso, sostenuti anche dal supporto psicologico e legale dell’dell’Osservatorio Nazionale Antiviolenza Psicologica di Firenze, i quali hanno suffragato le ipotesi delittuose compiute in contesto associativo e già ravvisate dagli investigatori forlivesi. Da tali excursus, altrettanto riconoscibili sono stati gli indizi tipici dei reati settari, contrassegnati dall’abuso del gruppo sulla singola persona ed identificabili in tutte quelle componenti negative che la Squadra Anti Sette in forza al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato ha tratteggiato e definito sintomatiche di possibili profili di abuso.

Nella piramide organizzativa e decisionale del sodalizio, il guro era riuscito a carpire la fiducia di numerose persone che versavano in condizioni psicologiche fragili a causa di problemi di salute personali o famigliari, convincendole che la soluzione a tutto era la dieta macrobiotica e i dettami della sua filosofia. Una guarigione e una soluzione concreta ai loro problemi personali e di salute, tanto da indurre le stesse ad abbandonare le cure della medicina ”ufficiale”.

M.P. ha già pensato a tutto per noi, bisogna fare bene tutto quello che lui ci dice di fare, in modo da poter guarire sia le malattie fisiche che quelle dell’anima in modo da ripulire il nostro Karma, qualsiasi messa in discussione, ragionamento, domanda sul perché fare o non fare, mangiare o non mangiare, era soltanto una perdita di tempo perché M.P. aveva già sperimentato su di se, sacrificandosi con infinito amore per noi e l’umanità”.. ed ancora: “i farmaci non curano, tolgono semplicemente i sintomi, la medicina uccide, i medici sono degli assassini.” Così gli adepti, emerge dal quadro delineato dalle indagini. Una volta sottomessi, M.P. pretendeva dagli “adepti” donazioni in denaro, per "la salvezza dell’umanità".

Dall'esame dei flussi contabili emergevano circa cinquanta posizioni bancarie e postali, sono stati individuati i movimenti di denaro entrati, in modo fraudolente, nelle casse di M.P. e dell’Associazione, attraverso un collaudato sistema di “offerte”, periodicamente imposte. Le finalità? Sociali. Ma soprattutto, in caso di mancata adesione, le vittime venivano derise e colpevolizzate e poi invitato a fare pubblica ammenda.

Nel 2012-2016 inoltre manca all'appello la dichiarazione dei redditi. Violazione è stata posta in essere da B.G., quale legale rappresentante nonché prestanome dell’Associazione sopra indicata e, in concorso ex art. 110 C.P., con M.P. e sua moglie L.V., quali soci ed amministratori di fatto. Per il 2013 inoltre è stata evasa una I.Re.S.( Imposta su Reddito di Impresa), per circa 90.000 euro. E poi l'annualità 2015. Dall’esame del bilancio/rendiconto dell’Associazione depositato è stata evasa la somma di €. 78.991,15, a fronte di una dichiarazione di gestione di €. 287.240,58 come rendiconto associazione culturale (tassata con aliquota inferiore a quella prevista per un’impresa






Questo è un articolo pubblicato il 16-03-2018 alle 21:06 sul giornale del 17 marzo 2018 - 1255 letture

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