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Naufragio Costa Concordia: il racconto di una coppia di Marotta

Naufragio della Costa Concordia 11' di lettura 13/01/2015 - Tre anni fa, nella notte del 13 gennaio 2012, la nave Costa Concordia naufragava davanti all'Isola del Giglio. L'orrenda conseguenza di tanti errori è rimasta per mesi al centro dell'attenzione dei mezzi di informazione internazionali. Una coppia di Marotta ha deciso di raccontare ciò che vide oltre quel sipario di acque e buio.

Silvia e Domenico, proprietari di una pizzeria a Marotta, hanno voluto condividere con il sito web Malarupta e con Vivere Fano la loro terribile esperienza, l'interminabile paura che hanno provato dal boato dell'urto fino al salvataggio.
Domenico: 'Avevamo appena finito di cenare. Alle 21.30 iniziava lo spettacolo di un mago a teatro. Erano le 21.42 quando abbiamo iniziato a sentire un tremolio'.
Silvia: 'Io prima avevo sentito il rumore forte di qualcosa che sbatte contro un muro. Abbiamo sentito sobbalzare e tremare la nave: era il momento in cui la Costa stava raschiando contro lo scoglio'.
Domenico: 'noi eravamo a prua e lo scossone è stato debole. Abbiamo sentito tremare, una cosa insolita per una nave del genere. Dopo qualche secondo la nave si è piegata un attimo'.
Silvia: 'Abbiamo visto il tendone del sipario spostarsi improvvisamente tutto da una parte'.
Domenico: 'Io conosco il mare e so che non è normale se una nave così grande si possa sbilanciare in quel modo. Ho preso Silvia, dicendole che c’era qualcosa che non andava'.
Silvia: 'In quel momento ancora nessuno si era preoccupato o reso conto. Noi eravamo con una coppia di Pesaro e neanche loro riuscivano a capire. Domenico aveva avvertito questa sensazione, c’era qualcosa che non andava e ne aveva parlato con la coppia che si è convinta di questo suo istinto'.
Domenico: 'Siamo andati in cabina a prendere i giubbotti di salvataggio quando ancora tutti erano seduti e nessuno sospettava nulla. In stanza abbiamo lasciato tutto, non abbiamo preso nient’altro che i giubbotti di salvataggio. Abbiamo pensato solo a metterci in salvo. Indossavamo ancora gli abiti della sera, non ci eravamo cambiati. Siamo andati sul ponte e siamo andati nella parte superiore perché se la nave stava affondando, quella era la parte più “sicura”. La nave si era già inclinata. Dopo un po’ anche gli altri passeggeri avevano cominciato a capire che qualcosa non andava'.
Silvia: 'Eravamo completamente al buio, noi abbiamo fatto tutto a luci spente, perché c’era già stato il black out'.
Domenico: 'La nave si è prima raddrizzata e poi ha cominciato a inclinarsi su di un lato. Ho preso Silvia nella folla per portarla nella parte alta, in mare aperto, anche se noi non sapevamo di essere così vicino all’isola. La nave si inclinava sempre di più, le luci erano tutte spente e si faceva molto fatica a camminare, tra gli spintoni della gente'.
Silvia: 'Il personale non diceva quello che era accaduto, parlava solo del black out, del fatto che stavano lavorando per risolvere la situazione e invitando le persone a tornare nelle loro cabine'.
Domenico: 'E intanto l’acqua saliva. Arrivati dall’altra parte abbiamo aspettato un po’ e cominciavamo a non credere più al black out. Il mare era calmo, era una nottata tranquilla, vedevamo la luna ed era difficile capire perché per un black out la nave si stesse inclinando. Dopo un po’ di tempo è scattato l’abbandono della nave. I ponti erano saturi, erano pieni di gente e sono iniziate le operazioni per rilasciare le scialuppe in mare. La gente spingeva sempre di più: in quel momento lì, al di là di quello che si dice, “prima i bambini, le donne, gli anziani” non esiste, prima pensi alla tua vita, alla sua sopravvivenza. La gente era ammassata e spingeva per salire sulle scialuppe. Il problema era che, mentre nella parte bassa della nave le scialuppe scendevano bene, nella parte alta hanno avuto molte difficoltà, incastrandosi nonostante il braccio e raschiando contro le pareti della nave inclinata'.
Silvia: 'C’erano quattro scialuppe e noi eravamo tra gli ultimi. Quando ci avvicinavamo ci dicevano “Full, full, full” e non c’era la possibilità di stipare altri passeggeri, anche perché erano già più cariche del “consentito”. Domenico ogni volta mi veniva a prendere per rimontare e scendere dalla nave: io avevo ancora le scarpe con il tacco, quando sei lì non pensi di rimanere scalza, vai avanti cercando di riuscire a salvarti'.
Domenico: 'Poi non si stava nemmeno in piedi, si camminava con le mani per terra. Per uscire dalle scialuppe, con la gente che ti tirava, si teneva a te, uscendo da sopra, era difficilissimo. Arrivati all’ultima scialuppa, era tutta piena e non riuscivano a sganciarla. In quel momento abbiamo pensato “E’ finita”. O ci buttiamo, ma Silvia aveva paura, mentre io pensavo che fosse meglio tentare che morire così. Noi eravamo al quarto piano, dove si trovano le scialuppe, e abbiamo deciso di scendere al terzo piano, sul ponte di raccolta, un ponte più largo. Ma non c’era la corrente, non si poteva scendere, le porte e gli ascensori erano bloccati e tutto era spento. C’era chi diceva di aspettare perché qualcuno sarebbe venuto a prenderci. Dall’esperienza marittima, ho preso una corda e ho fatto dei nodi. L’ho attaccata alla ringhiera, ho preso Silvia e piano piano ci siamo calati giù. In breve tempo quella corda è diventata un fiume di gente, un fiume umano, dopo di noi sono scesi anche tanti altri passeggeri. Una volta arrivati al terzo piano, ci siamo messi ad aspettare'.
Silvia: 'Lui continuava a dirmi di buttarci in acqua, mi allacciava il giubbottino, dobbiamo buttarci. Ma il mare era nero e io avevo paura di trovare uno scoglio, non sapevamo cosa ci fosse sotto. Poi il 13 gennaio, dopo tutto quello che avevamo mangiato, l’acqua gelida, come potevi pensare di salvarti? Una delle vittime è morta proprio gettandosi in acqua, perché tuffandosi è arrivata, purtroppo, su uno scoglio. Io continuavo a ripetermi che non era possibile, che non potevo morire così. Mi chiedevo che cosa avevo fatto di male nella vita per meritarmi quello e alla fine è vero quando si dice che ti passa tutta la vita davanti. Pensavo a mia figlia, alla famiglia: non poteva credere che potesse finire in quel modo. Pochi minuti dopo è arrivato l’ufficiale in seconda, è comparso dal nulla, per me è stato come vedere un angelo: ci ha detto che ci potevamo ancora salvare, attraversando la nave e arrivando dall’altra parte dove c’era una scialuppa che caricava ancora i superstiti. Domenico mi ha preso e mi ha detto di buttare via le scarpe e la borsa, anche perché a bordo non si poteva assolutamente stare in piedi e non si poteva camminare'
Domenico: 'Abbiamo attraversato il ristorante, si sentivano cadere i piatti e i bicchieri, che volavano da ogni parte come frisbee talmente la nave era inclinata. Ci siamo messi per terra e scivolando siamo arrivati dall’altra parte. Siamo usciti e l’acqua del mare era già arrivata. Siamo riusciti a prendere l’ultima o la penultima scialuppa, buttandoci sopra la scialuppa, era troppo bassa e non si poteva entrare “normalmente”.
Silvia: 'Ricordo che mi sono tuffata sul telo giallo che ricopre la scialuppa, che per fortuna è molto resistente, ho come rimbalzato e poi pian piano mi sono intrufolata dentro, raschiando una gamba. Già la scialuppa era bella carica: in pochi minuti siamo arrivati a riva, capendo che il naufragio era avvenuto sotto costa. La nostra è stata l’ultima scialuppa: dopo gli altri sopravvissuti sono dovuti scendere dalla scaletta. Dopo sono arrivati gli elicotteri e le forze dell’ordine, salvando gli ultimi passeggeri. A riva, ci siamo ritrovati con l’altra coppia di amici di Pesaro: ci sono stati grandi abbracci e pianti e ci siamo chiesti cosa fare'
Domenico: 'Abbracci e pianti, perché abbiamo visto la morte con i nostri occhi. Da quel momento è stato davvero molto più duro, perché abbiamo cominciato a vedere arrivare i feriti e i morti sulle barelle, a vedere il sangue e i soccorsi. Lì capisci che sei stato fortunato e la gravità della cosa'
Silvia: 'La gente del posto ci ha aiutati subito. Non avevamo niente: io non avevo le scarpe, non avevamo giubbotti ed era gennaio. Domenico ha avuto l’idea di entrare nei negozi che erano tutti aperti insieme ai bar e qui la gente del Giglio ci regalava capi di abbigliamento per coprirci e scaldarci, ma anche bevande calde. Quello è un bel ricordo che abbiamo di quella notte: non ti chiedevano nulla. Poi un ragazzo ci ha caricato su una Panda e ci ha portato in una scuola. I superstiti sono stati portati in diverse strutture, come chiese, scuole. Noi siamo stati accolti in una scuola che era già stata scaldata e qui abbiamo trovato delle felpe, degli abiti per scaldarci donata dalla gente del posto'.
Domenico: 'Noi siamo stati alla fine fortunati, perché abbiamo visto le ultime persone che sono scese dalla nave, gli operatori della Costa Concordia che per ultimi hanno abbandonato la nave, che erano completamente bagnati, tremavano come foglie'
Silvia: 'Mi ricordo di un russo che era completamente viola, sicuramente si era tuffato in acqua. Mi ha fatto brutto perché non riusciva a trovare la moglie, non so nemmeno se l’ha ritrovata. Dopo sono arrivate altre persone dell’equipaggio ancora vestiti come durante il servizio e tutti bagnati fradici, perché si erano buttati in acqua e nuotando sono arrivati a riva, dal momento che non c’erano più scialuppe a disposizione. E lì capisci che, nella sfortuna, sei stato fortunato e che c’è chi ha vissuto un’esperienza ancora più brutta'
Domenico: 'Quando sono arrivati gli ho dato una felpa che avevo preso per me, per aiutare delle persone che erano state ancora più sfortunate di noi, mi sono messa nei loro panni'.
Silvia: 'In quel momento, nella scuola, abbiamo capito che eravamo finalmente al sicuro. Il mattino dopo c’e stato un altro smistamento per i trasferimenti'
Domenico: 'Ci hanno portato a Grosseto in un palazzetto (dove ci hanno preso per la prima volta i nomi) e ci hanno di nuovo smistato per riportare i sopravvissuti a casa. Ci hanno portato prima a Civitavecchia con un autobus e qui non erano ancora organizzati. Dopo un po’ di tempo, dalla Capitaneria di Porto ci hanno portato in un albergo e ci hanno accompagnato a casa in automobile. Dopo ci sono stati quindici giorni non belli, traumatici e poi pian piano siamo riusciti a superare il trauma'
Silvia: 'Durante la notte e durante il naufragio noi non avevamo fatto sapere niente alla nostra famiglia. Mia figlia non era con noi, era con i nonni: per non preoccupare e non svegliare nessuno, li abbiamo contattati la mattina seguente quando eravamo in porto sani e salvi'
Domenico: 'Immagini svegliare la famiglia di notte, durante una tragedia del genere'.
Silvia: 'Dopo il naufragio, eravamo continuamente tartassati, perché volevano intervistarci, ma noi in quel momento non ce la sentivamo, non ce la potevamo fare. A bordo io avevo avuto un attacco di panico e per fortuna non l’ho più avuto, ero diventata un blocco di ghiaccio, se non era per Domenico non ce l’avrei fatta, per fortuna lui ha avuto il sangue freddo di gestire la situazione, mi spostava da una parte all’altra. Mi ha proprio salvato la vita. Lui era pronto a buttarsi, a fare anche questo tentativo, lui ha avuto molto coraggio. E’ un’esperienza che ti segna e ti insegna tanto, ti apre gli occhi'.
Domenico: Poi, come per tutto, il tempo affievolisce, però il ricordo rimane sempre'
Silvia: 'Il ricordo te lo porti tutta la vita dentro. In quei 15 giorni ci siamo riposati, non abbiamo voluto vedere nessuno per riprenderci'.
Domenico: 'Riposàti...sempre davanti alla televisione a seguire le vicende della Costa Concordia'
Silvia: 'Sì, anche perché noi non sapevamo chi fosse rimasto a bordo. Ormai era una cosa che ti aveva legato agli altri passeggeri e quindi volevamo continuamente tenerci aggiornati. Seguendo gli aggiornamenti capivi quanto fossi stato fortunato ad essere sopravvissuto, ad essere scesi tutti e due dalla nave sani e salvi. E’ un’esperienza che ti segna, ma che ti cambia e ti aiuta nella gestione delle emozioni e del panico. Nel brutto dell’esperienza, oggi siamo sereni, quello che è successo fa parte di noi'.





Questo è un articolo pubblicato il 13-01-2015 alle 21:05 sul giornale del 14 gennaio 2015 - 1459 letture

In questo articolo si parla di cronaca, marotta, costa crociere, naufragio, costa concordia, articolo, Francesco Gambini

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