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Rapporti tra aziende in ristrutturazione, stato di crisi e settore del credito: mozione di Bugaro

Giacomo Bugaro 7' di lettura 17/10/2014 - Di seguito la mozione presentata dal consigliere regionale Giacomo Bugaro.

Il sottoscritto Consigliere Regionale
PREMESSO

che la drammatica situazione sociale ed economica del nostro Paese ha comportato una drastica riduzione, delle unità produttive in particolare di quelle di minori dimensioni e che quindi un contributo importante può essere offerto regolando a livello legislativo, in modo diverso i rapporti banche-imprese, quando quest’ultime in molti casi si trovano ad affrontare una profonda ristrutturazione e di conseguenza dichiarare lo “Stato di Crisi”;

che gli attuali rapporti tra aziende in ristrutturazione e settori del credito, nel periodo di tempo che separa la dichiarazione dello “stato di crisi” sino all’apertura di procedure di accordo disciplinate dall’attuale quadro normativo in materia di Legge Fallimentare convenzione ex art. 67; Accordo ex art. 182; Concordato preventivo, è una specie di “terra di nessuno”, dove le Banche agiscono in ordine sparso, e l’azienda si trova a subire in condizioni di estrema debolezza, le iniziative di interlocutori molto più forti mossi da interesse esclusivamente di parte;

che il risultato di tale situazione spesso comporta, durante questo lasso di tempo che può protrarsi anche per molti mesi (un anno non è una rarità), la morte dell’azienda per “sfinimento” (mancanza di credito, o comunque, nelle migliori delle ipotesi, l’azienda, perde opportunità che avrebbe potuto cogliere se avesse ricevuto risposte rapide e tempestive;

che il sistema creditizio in questo contesto ha interesse ad evitare qualunque ulteriore allargamento di fidi concessi all’impresa in crisi e se ciò è comprensibile non lo è al contrario ridurre drasticamente gli affidamenti concessi in modo da favorire progressivi massicci rientri “di fatto” (ad esempio: degli incassi derivanti dai clienti, una parte viene riaccreditata ed una parte viene trattenuta dalla banca – spesso con artifici – come riduzione dell’esposizione complessiva);

che in queste condizioni l’azienda è costretta ad integrare la “cassa” mancante, stressando oltre misura i fornitori, evitando i dovuti impegni con l’Erario (omesso versamento delle imposte, dell’IVA e dei contributi e talvolta anche con i dipendenti mediante il blocco o il ritardo delle retribuzioni);

che è del tutto evidente dunque, come l’assenza di regole, favorisca l’interlocutore più forte il quale, ovviamente, agisce ad esclusiva salvaguardia del solo suo unico vantaggio, a danno però di un interesse più generale che risiede innanzitutto nel proteggere l’impresa (soprattutto in questo contesto di crisi profonda) ed il tessuto economico sociale che le sta intorno: fornitori, dipendenti, erario.
CONSIDERATO

che per dare dignità formale allo “stato di crisi” dichiarato dall’impresa, è necessario modificare sostanzialmente la situazione attuale che penalizza l’impresa, con possibili conseguenze al dissesto finale e totale, introducendo requisiti, comportamenti dei soggetti interessati (già in essere e di nuova costituzione) e obblighi per le banche creditrici:
A) alcuni requisiti:
1.la dichiarazione esplicita da parte dell’impresa che l’apertura dello stato di crisi è comunque finalizzata al perfezionamento di un accordo disciplinato da una legge fallimentare: convenzione ex art. 67; accordo ex art. 182; concordato preventivo.
Sono dunque esclusi tutti i casi di ristrutturazione interna dell’impresa.

2.la presentazione da parte dell’azienda, alla formale apertura dello stato di crisi, di apposito “piano industriale”, e se questo è stato predisposto con l’ausilio di apposito “advisor esterno” quest’ultimo dovrà dimostrare il possesso di idonei requisiti di professionalità ed esperienza, oltre a dichiarare esplicitamente i propri compensi.


Che all’apertura dello “Stato di Crisi” deve corrispondere l’immediata costituzione di un “team” (tavolo di lavoro), dei vari soggetti interessati:
B) gli interlocutori:
1.i rappresentanti dell’azienda (o il rappresentante) muniti/o dell’autorità, dei poteri e della competenza necessaria in funzione del ruolo da assumere in questo contesto, e la cui sostituzione tendenzialmente (a meno di eventi imprevisti) non potrà avvenire fino alla conclusione del procedimento;
2.i rappresentanti dell’advisor;
3.il Legale nominato dal sistema bancario, i cui compensi dovranno uniformarsi alla prassi consolidata nel mercato di riferimento e non eccedere oltre una certa misura (il 20%) quelli sostenuti dall’azienda nel caso avesse provveduto direttamente alla nomina del professionista;
4.i funzionari rappresentanti i vari istituti di credito interessati.
I rappresentanti delle banche dovranno tassativamente garantire continuità di presenza al tavolo di lavoro, fino alla conclusione dell’iter (potranno anche farsi affiancare e supportare da altri collaboratori eventualmente di grado superiore, ma comunque, una volta avviato lo stato di crisi, non potranno a meno di situazioni estreme indicate e regolamentate) abbandonare il team al fine di garantire la continuità delle informazioni;

che è fondamentale, dall’apertura dello “stato di crisi” a quello di avvio della procedura prescelta dai vari soggetti in base alle alternative previste dall’attuale legge fallimentare, fissare tempi certi (non potranno trascorrere più di 180 giorni tra i due eventi citati).
Solo nel caso del rifiuto dell’advisor indicato dall’azienda, da parte delle banche (che hanno il dovere di nominare un loro advisor di fiducia, decisione alla quale l’azienda non può opporsi a meno di oggettive motivazioni) e di conseguenza la necessità di predisporre nuovamente il piano industriale da parte del nuovo advisor, i tempi precedentemente indicati si allungano di 30 giorni, portando la durata totale dello stato di crisi, sino all’avvio della procedura concorsuale (convenzione ex art. 67; accordo ex art. 182; concordato preventivo) ad un massimo di 210 giorni.

Che tutte le nomine sopra indicate, dovranno avvenire a “maggioranza”, intesa non per “teste” ma per entità (“peso”) degli affidamenti complessivi concessi da ogni singola banca all’azienda in crisi. Tutte le nomine e le designazioni, dovranno avvenire entro 5 giorni dall’avvio dello stato di crisi: con l’obbligo per la banca dissenziente di adeguarsi alla volontà espressa dalla maggioranza (come indicata) del ceto creditizio.

Che dal momento dell’attivazione dello stato di crisi secondo le modalità sopra descritte, e fino all’avvio della procedura concorsuale prescelta, le banche sono tenute a dei precisi comportamenti:
C) gli obblighi delle banche:
1.Evitare ogni tipo di atteggiamento palesemente ostativo nei confronti dell’azienda, evitando manovre dirette ed indirette, che abbiano come ultimo scopo il “rientro dell’affidamento”, quando queste manovre si traducono in oggettive sostanziali difficoltà operative per l’azienda, tali da comprometterne in modo grave la sussistenza. Se necessario, sarà compito e responsabilità dell’advisor e del legale nominato dal sistema bancario segnalare la messa in opera di modalità di gestione dei flussi di finanziamento da parte dei vari istituti, talmente conservative da pregiudicare le sorti aziendali.
2.Dal momento in cui l’azienda dichiara lo “Stato di Crisi” alle singole banche finanziatrici è impedito di attuare manovre di massiccio disimpegno (ad esempio messa a rientro degli affidamenti, o esecuzione delle garanzie), sino a quando non sia stato completato l’iter di valutazione della prima versione di piano industriale, formalizzato in occasione di una apposita riunione.
3.Se la maggioranza degli Istituti di Credito partecipanti al tavolo, presa visione dei documenti e fatte le debite valutazioni, dichiarano la loro disponibilità a sostenere l’azienda nel periodo dello Stato di Crisi sino all’avvio della procedura concorsuale prescelta, tutte le banche, anche quelle dissenzienti, dovranno adeguarsi, oppure abbandonare il tavolo alle seguenti condizioni:
a.stralcio dei propri crediti complessivi in misura non inferiore al 40% ;
b.obbligo di appostare la posizione a “sofferenza” per la parte residua;
c.indeducibilità fiscale della perdita derivante dallo stralcio trattandosi di una valutazione unilaterale della banca e contraria a quanto deciso dalla maggioranza del sistema.

Che tuttavia, la decisione da parte delle banche di sostenere l’azienda nel periodo successivo alla dichiarazione dello stato di crisi non implica preventiva accettazione da parte loro, delle condizioni che emergeranno al termine dell’istruttoria: in itinere infatti, la maggioranza a sostegno dell’impresa potrebbe venire meno determinando la fine del processo.


TUTTO CIO’ PREMESSO
IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

a fare propria la suddetta mozione da:
inviare per conoscenza ed eventuali graditi suggerimenti e proposte ai Presidenti delle Regioni Italiane i quali sono invitati ad una sensibilizzazione di tutti i Deputati e Senatori eletti nelle rispettive Circoscrizioni;
presentare successivamente con urgenza alla prossima riunione della Conferenza Stato-Regioni, affinché il Governo si impegni a redigere in merito una Proposta di Legge che, ci si augura, per l’iter seguito, trovi il più ampio consenso per la sua approvazione in tempi possibilmente rapidi.


   

da Giacomo Bugaro
vice presidente Assemblea legislativa delle Marche




Questo è un comunicato stampa pubblicato il 17-10-2014 alle 17:53 sul giornale del 18 ottobre 2014 - 1021 letture

In questo articolo si parla di politica, giacomo bugaro

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