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Banca Marche illustra il bilancio: “Siamo sereni e convinti di aver fatto il nostro dovere di banca del territorio”

Costa e Goffi 6' di lettura 15/03/2013 - Dopo i numeri arrivano le parole. Giovedì Banca Marche ha reso note le cifre che caratterizzano il bilancio 2012, in perdita come previsto, il giorno successivo convoca la stampa per spiegare cosa dietro quei numeri ci sia.

Serenità e relativo ottimismo quello che traspare dalle parole di Lauro Costa, il Presidente, è Luciano Goffi, il Direttore Generale. Ovviamente la situazione economica della banca non può non rappresentare quella del paese e della regione su cui opera in particolare: le Marche, una regione caratterizzata da un alto tasso di medie, piccole e micro imprese che sono proprio la categoria che più soffre in questi anni la crisi che attanaglia il mondo. Ed ovviamente ancora anche nelle Marche la zavorra che appesantisce i conti delle banche è legato ai valori immobiliari ed ai comparti dell’indotto, dai mobili alle cucine alle imprese artigiane. Ma in questo caso il mal comune non è neanche mezzo gaudio: così Banca Marche ha dovuto metter mano ai propri conti prendendo atto di una situazione che non può più prescindere dalla crisi del passato che si dilunga da 4 anni né dalle previsioni sul futuro che non prospettano un’uscita nel breve tempo, soprattutto proprio nel settore immobiliare e manifatturiero. L’obiettivo è quello di mettere in sicurezza l’Istituto come chiesto dall’Europa di Draghi e da Bankitalia i cui ispettori continuano a stazionare a via Ghislieri e probabilmente vi rimarranno ancora per un paio di mesi in attesa del piano industriale sia definito.

Ma a voler guardare con ottimismo il bicchiere mezzo pieno si può osservare che il mezzo miliardo di perdite che affossa il bilancio non sono perdite materiali ed accertate, quanto una prudenziale presa d’atto di potenziali rischi che si potrebbero materializzare nel caso in cui la situazione economica generale tardasse troppo a riprendersi: si tratta infatti per lo più di accantonamenti, 811 milioni contro i 127 dell’anno precedente. A piangere maggiormente di questa situazione sono gli azionisti, grandi e piccoli che vedono calare il valore del titolo e azzerare i dividendi, più che l’economia reale, che sebbene dovrà fare i conti con una maggior oculatezza di spesa e di intervento della banca nel prossimo futuro, selezionando al meglio le erogazioni e riducendo i costi stringendo la cinghia di un 15%, pari a 60-70 milioni annui, è capace ancora di produrre utili: il saldo tra ricavi e costi di gestione è stato positivo anche nel 2012 per 275 milioni. In crescita anche il numero di clienti, 28.660 quelli nuovi acquisiti nell’anno passato, la raccolta dal canale online (795 milioni al 28/2/2013), come la raccolta diretta da clientela retail (508 milioni, con un +4,5% rispetto l’anno precedente).

Perché allora tanta fretta di intervenire accumulando accantonamenti tanto ingenti in un breve lasso di tempo? Da un lato ci sono normative internazionali, la famigerata Basilea 3, che diventano sempre più stringenti nel mettere sotto controllo le istituzioni finanziarie, e le raccomandazioni di Banca d’Italia. Dall’altro appunto la prudenza di assicurarsi contro il prolungarsi della crisi. “Abbiamo preferito essere prudenti, accantonare tutto quello che poteva servire, preferendo farlo per cento milioni in più che in meno. Se fosse servito essere ancora più prudenti l’avremmo fatto, ma pensiamo di aver fatto tutto il dovuto”, spiega Costa. A chi lamenta che certi interventi siano tardivi e che occorresse farli prima si può far notare che la coperta è corta: se così fosse stato la crisi avrebbe morso ancor più la regione ed oggi parleremo probabilmente di numeri peggiori, di disoccupati, di imprese chiuse, di credit crunch e quindi forse anche di sofferenze ed incagli maggiori.

Difende a spada tratta il Consiglio di Amministrazione Costa: “è composto di persone legate al territorio, altamente qualificate, con piena capacità operativa. Tutti insieme abbiamo apportato i cambiamenti necessari che proseguiranno anche in futuro. Abbiamo lavorato duramente: da settembre il CdA si riunisce settimanalmente, per studiare nei dettagli come programmare il futuro. Il piano verrà illustrato agli inizi di aprile, ma siamo sicuri che la banca saprà trovare le risorse al suo interno e saprà continuare a sostenere le imprese ed i suoi correntisti accompagnandoli fuori della crisi, come è dovere di una banca del territorio. L’aumento di capitale sarà ridotto e siamo sicuri che gli azionisti che sono nostri clienti e abitanti della regione sapranno comprendere la situazione ed i nostri sforzi e risponderanno di conseguenza”.

La possibilità di un’azione di responsabilità non preoccupa il Presidente: “sono assolutamente sereno, ci ho messo la faccia e continuerò a mettercela, per questo non faccio passi indietro. Ho sempre creduto in questa banca e continuo a farlo e per questo rimango. E’ cambiato il Direttore Generale e come normale abbiamo messo sotto controllo tutto l’operato passato per verificare ogni processo interno e verificare se ci sono state situazioni anomale. E’ un processo di verifica in corso con la collaborazione di uno studio specializzato, lo Studio Bonelli erede Pappalardo di Milano, che è lo stesso che segue la vicenda del Monte dei Paschi, che da qualche mese sta passando al vaglio ogni operazione e che dalla prossima settimana inviera un collaboratore che rimarrà per questo fisso in sede”. Alcune situazioni sembra siano già emerse, ma le anomalie vanno verificate e le prime indicazioni non dovrebbero tardare ad emergere. “Ma occorre osservare che tutto il personale ha lavorato con impegno e con lo spirito di servizio nei confronti del territorio. Come si può pensare che la banca non possa non soffrire della crisi del territorio. D’altra parte la situazione è generalizzata in tutta Europa, a dimostrazione che qui non è accaduto qualcosa di anomalo: tutte le banche hanno perso valore. Certo abbiamo cercato di sostenere le imprese del territorio che altri avevano abbandonato prima di noi, ma essendo la banca regionale è nostro dovere farlo. Abbiamo sostenuto anche la Merloni, ma non per lui, quanto per cercare di salvaguardare tutte le imprese dell’indotto, perché tutte quelle micro imprese potessero continuare a lavorare. Ma Banca Marche non ha bisogno di essere salvata, non serve nessun cavaliere bianco, siamo convinti che lo strumento della banca locale sia importante per la regione, perché le scelte si fanno qui sul territorio e non a Milano o a Zurigo”.

La determinazione di proseguire nel sostegno al territorio è quindi forte: anche nei prossimi anni la banca potrà continuare ad impegnare 700-800 milioni annui per le imprese che vogliano investire per la crescita, la situazione è invece più complessa per le situazioni in cui l’impresa cerchi mutui e finanziamenti per compensare con il debito i mancati incassi. Per quello servirebbero altre soluzioni: ad esempio un allentamento del patto di stabilità che permettesse alle pubbliche amministrazioni di pagare le imprese per i lavori svolti riducendo la mole di crediti che le aziende vantano nei loro confronti. Se lo Stato, le Amministrazioni pubbliche e l’Asur cominciassero a saldare i loro conti si metterebbe in moto un circolo virtuoso che permetterebbe di alleggerire le sofferenze di molte imprese e del territorio.








Questo è un comunicato stampa pubblicato il 15-03-2013 alle 23:52 sul giornale del 18 marzo 2013 - 1283 letture

In questo articolo si parla di economia, paolo picci





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