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Monsano: Fioretti chiede le dimissioni di Ucchielli, ma la richiesta viene censurata

Gianluca Fioretti 9' di lettura 05/03/2013 - Vivere Jesi riceve dal Sindaco di Monsano, Gianluca Fioretti, la lettera aperta con la quale chiedeva le dimissioni del Segretario Regionale del Pd, Palmiro Ucchielli, dopo l'esito del voto. Prima del testo della lettera aperta poche righe dello stesso Fioretti per spiegare come la richiesta non sia stata neanche portata a conoscenza della Direzione Regionale.

Ieri martedi 4 marzo alle 15 si è tenuta la Direzione regionale del PD, a Chiaravalle. 42 componenti. Venerdi 1 marzo alle 12:51 avevo spedito per email alla segreteria del PD Marche un documento dove analizzavo il dato elettorale, soprattutto marchigiano, chiedendo le dimissioni, come atto dovuto, del segretario regionale, pregando di trasmetterlo ai componenti della Direzione Regionale. Questo non è stato fatto. Potevano essersi verificate due situazioni: la mail è stata aperta ieri alle 14.50, e dunque non c’è stato il tempo (ma ho telefonato alla segreteria regionale ieri mattina, che mi ha confermato della ricezione da parte del segretario regionale del documento); o il segretario regionale non ha ritenuto opportuno divulgarla.

Se così fosse, lo reputo un fatto grave: di mancanza di rispetto ad un Sindaco, un Amministratore rappresentante una Comunità ed un Territorio, e una mancanza di democrazia. E questo significa che c’è un gruppo dirigente regionale ancora staccato dalla realtà. Il documento era ad uso interno, ma, visto che non è possibile neanche parlarne, all’interno del partito, ritengo sia necessario pubblicarlo. Questo il documento:



Egg.

Componenti Direzione Regionale
Partito Democratico
Piazza Stamira, 5
60122 ANCONA

Monsano, 1 marzo 2013.

OGGETTO: lettera aperta. Elezioni Politiche 24/25 febbraio 2013.

Il voto delle recenti elezioni politiche, lo scorso 24 e 25 febbraio, ci consegna un Partito Democratico che ha di fatto subìto, nei numeri, ma soprattutto politicamente, una sconfitta inaspettata quanto clamorosa.

Il dato nazionale alla Camera parla di 8.644.187 voti; una perdita di 3.451.119 voti rispetto alle Politiche 2008. Un misero 25,42%, rispetto al 34/35% dei sondaggi dopo le primarie di dicembre. Un patrimonio dilapidato, frutto di una campagna elettorale piatta, amorfa, passiva, vecchia, con messaggi non chiari, figli di una supponenza (la sicurezza della vittoria) deleteria.

Ha prevalso lo spirito di conservazione, l’autoreferenzialità, la difesa degli apparati e dei gruppi dirigenti (e questo è avvenuto anche nelle “parlamentarie” di fine dicembre…). Gennaio è stato impiegato per spartirsi i posti, stabilire i Ministeri, lucidare e usare il bilancino degli incarichi e delle poltrone.

Non si sono colti, e questo è il dato più critico, per una forza “nuova” e popolare come (dovrebbe essere) il PD, i profondi rinnovamenti della società italiana, il profondo sentimento di rinnovamento degli elettori, dei cittadini.

I segnali c’erano, da tempo, fragorosi. Il 5% di fiducia nei partiti, l’8% verso il Parlamento! Segnali non raccolti, non ascoltati, convogliati in un voto, non più di protesta e di rabbia, ma a questo punto politico, del “Movimento 5 Stelle”, divenuto primo partito (si, partito) in Italia, con 8.689.168 voti e il 25,55%.

Una stagione politica è terminata, è morta. Non capire questo sarebbe catastrofico. Il PD, “questo” PD, non incarna la voglia di cambiare. E per un partito, per un progetto che è nato come il “nuovo”, questo è micidiale.

Analisi più accurate verranno fatte, naturalmente, insieme alla scontata, liturgica “sintesi”.

Scendendo a livello regionale, il dato appare ancor più catastrofico, almeno per due motivi:

1. la forte, radicata tradizione di sinistra, presente da sempre nelle province di Ancona e di Pesaro, con una presenza importante delle forze collegate al centro sinistra nelle provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, che facevano della nostra regione una delle cosiddette “roccaforti rosse” del Paese;

2. il dato complessivo regionale del “Movimento 5 Stelle” (32,13%), quasi 7 punti % in più di quello nazionale. Forza politica divenuta prima in tutte le provincie, con la percentuale più alta addirittura proprio nella provincia di Pesaro Urbino, con un sorprendente 33,55%.

Il Partito Democratico delle Marche partiva dal 41,43% (405.063 voti) delle Politiche del 2008. Un dato ridimensionato già alle Regionali 2010 (31,12% e 224.891 voti). Il dato regionale 2013 parla di un modestissimo 27,67%, con 256.968 voti. Il partito ha perso per strada, si sono persi per strada in tre anni 148.095 cittadini marchigiani, 50mila ogni anno, quasi il 13% del corpo elettorale complessivo (1.1197.752).

Le cinque provincie marchigiane sono tutte nella classifica nazionale delle 15 province con il risultato peggiore per il PD (differenza dal 2008), con Ancona al 2° posto (-15,1%), appena dopo Crotone…

Naturalmente, parlo del voto alla Camera, che intercetta i giovani dai 18 ai 25 anni, che dovrebbero rappresentare il “serbatoio” più ricco, più fresco, più prezioso, per qualsiasi forza politica popolare che aspiri al rinnovamento, e ad intercettare e governare le esigenze di una generazione perduta.

La responsabilità politica, per questo tracollo, esiste, è pesante, e non può essere sottaciuta. Ed è tutta nell’esecutivo e nel segretario regionale. Segretario che ha dato l’impressione di voler navigare a vista, isolandosi dai Territori e dai cittadini, vivendo di rendita su un patrimonio politico esistente (ora non più…). Portando avanti un modello, il cosiddetto “laboratorio Marche”, artificiale, nato vecchio allora e fisiologicamente morto oggi, frutto di alchimie partitiche, non corrispondente alla realtà dei Territori, disomogeneo e turbolento, perché tenuto insieme solo da interessi, personali e di poltrone.

Mi soffermo appena su un esempio concreto: la gestione… maldestra delle autorizzazioni delle centrali biogas da parte della Giunta regionale, la scorsa estate. I cittadini, i Territori, hanno subito individuato le responsabilità, i favoritismi, una gestione a senso unico, favorendo i “pochi” a sfavore delle Comunità. Si è creato un distacco vistoso tra i Territori, le Amministrazioni locali, i cittadini, e le Istituzioni, Regione Marche in primis. Tutto questo non è stato dimenticato, e ha influito comunque, seppur in minima parte, sul dato complessivo regionale, e, cosa ancor più grave, non sarà dimenticato tanto facilmente. Non mi invento nulla: basta andare a vedere il dato del PD e del M5S nei Comuni marchigiani interessati alla questione…

L’azione politica locale è stata evanescente, all’insegna dell’opportunismo e dei calcoli. Eclatante la gestione della situazione politico amministrativa della città capoluogo di regione, Ancona. Oltre tre anni di immobilismo, non solo a causa dell’azione di governo, ma soprattutto causati da veti incrociati e da calcoli meschini di sottobosco. Un tentativo maldestro, un anno fa, di allungare il brodo, rimescolando le carte, facendo entrare una nuova forza politica (l’UdC), in ossequio alla formula difettosa del “laboratorio Marche”, che nulla ha prodotto, se non il protrarsi di uno stato di coma che ha immobilizzato definitivamente la città, e con essa un intero territorio. Posso ben dirlo, pur non essendo di Ancona (ma pur conoscendo bene la sua realtà politica e sociale) ma essendo Sindaco di quel Territorio, che ha pagato, e continua a pagare, tale inerzia sulla propria pelle, su più fronti (Multiservizi, gestione rifiuti etc).

Questi sono i dati. Questi sono i numeri. Da qui si deve ri-partire.

Necessarie, dovute e non fini a se stesse, dovranno essere quindi le “riflessioni”, e le decisioni, con inevitabili conseguenze.

La leadership deve essere profondamente rinnovata. Subito dopo il percorso attuale, maledettamente difficile, di tessitura del tessuto politico istituzionale, e di attuazione delle poche, indispensabili misure (legge elettorale, diminuzione dei parlamentari, misure concrete di abolizione dei privilegi, legge anticorruzione e sul conflitto di interessi, misure di aiuto agli Enti Locali, insieme a misure di gestione indolore della crisi, con una redistribuzione immediata del carico fiscale a favore dei ceti deboli), il gruppo dirigente nazionale deve dare un segnale forte, agli iscritti, all’intero centro sinistra e all’opinione pubblica. Mettendosi a disposizione, rassegnando le dimissioni, e congelandole fino al compimento delle misure di uscita dalla crisi politica (che prevedono ad oggi, purtroppo, anche nuove elezioni politiche). Lasciando poi spazio a Primarie vere, con la speranza di costruire un cammino che porti ad un Nuovo Partito.

Una azione necessaria, dovuta. Se non altro, per un semplicissimo motivo: peggio di così non si può fare.

Questo percorso deve comprendere anche il gruppo dirigente marchigiano, responsabile di una debacle disastrosa e cocente. Non è pensabile infatti che questo segretario, questo esecutivo, con probabili problemi già nel gestire le elezioni amministrative di maggio in Ancona, porti il partito fino alle elezioni regionali del 2015.

Non si è alla ricerca di un capro espiatorio. No. Un passo indietro che non deve essere interpretato in tal senso. Deve semmai rappresentare un gesto di dignità politica che il Segretario riconsegna al partito, e allo stesso tempo la rottura di un meccanismo che vede coinvolta la gran parte della classe dirigente del partito stesso, a tutti i suoi livelli di funzione e rappresentanza, a prescindere dal dato anagrafico degli stessi;

Un gesto che infine non deve essere interpretato né tanto meno ha lo scopo di alimentare uno scontro di corrente. Un gesto che, inteso si come critica ai livelli dirigenziali del partito, non assume però come dato di partenza la riproposizione dello scontro Renzi - Bersani. No. È una richiesta di ricambio complessivo di rappresentanze e funzioni nell'auspicio di un amalgama ancora più sereno ed efficace tra le varie anime che pure compongono il nostro partito.

Dico questo con molta tranquillità, senza avere nulla di personale e rispettando pienamente le storie politiche di ognuno, i loro contributi nel corso degli anni. Sono perfettamente consapevole di quello che affermo. Ma oggi non posso più ritenere che si possa non fare nulla, fare finta di niente, adagiarsi e “acquattarsi” dietro piccole convenienze e un quotidiano meschino cabotaggio sottocosta.

E dunque. Non il nuovo per il nuovo, accarezzando i velluti e i damaschi del salotto del Gattopardo. Ma il Nuovo per cambiare, veramente, azzerando un vecchio modo di fare e “parlare” politica.

Questi sono i dati. Questi sono i numeri. Da qui si deve ri-partire. Nuove facce. Nuove idee. Nuove proposte. Nuovi, fortissimi segnali e azioni, di cambiamento. Un ruolo attivo, di proposizione, in grado di anticipare e intercettare i bisogni e riunificare un Paese dilaniato. Con nuovi inediti linguaggi, nuovi ritmi.

Pena la scomparsa di un progetto, e di una tradizione politica che risale al secolo scorso, e di cui siamo ancora i depositari. Berlinguer, Pertini, Nenni, il Presidente Napolitano, Aldo Moro, De Gasperi, meritano rispetto, anche e soprattutto oggi, nel 2013.

Monsano, 1 marzo 2013

Gianluca Fioretti
Sindaco di Monsano






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 05-03-2013 alle 22:02 sul giornale del 06 marzo 2013 - 2004 letture

In questo articolo si parla di attualità, monsano, gianluca fioretti

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