Jesi: Coltorti lancia l'allarme. Ripa Bianca rischia di diventare un altro disastro annunciato

Negli ultimi mesi dapprima sul n.4/2011 della rivista “Riqualificazione Fluviale” e poi su “Jesi e la sua valle” è stato annunciato un progetto presentato dal Direttore della Riserva Naturale Ripa Bianca, David Belfiori, dal Geologo Andrea Dignani e da alcuni altri professinisti per la “Gestione Geomorfologica dei problemi idrogeologici presenti nell’area della riserva”.
Si tratta di un’area che conosco bene perché, nato a Jesi e con zii pescatori, sin da bambino ho frequentato l’area ed ho visto le trasformazioni a cui è stata sottoposta negli ultimi 50 anni. Nel 1978 ho inoltre svolto la Tesi di Laurea sul tratto terminale della bassa Vallesina pubblicando successivamente vari articoli sull’evoluzione dinamica di questo settore e di altri fiumi marchigiani e sulle loro problematiche. Anche quando ho ricevuto la Cattedra di Geomorfologia e Geomorfologia Applicata presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena, di cui sono attualmente Direttore, parte delle mie ricerche sono proseguite sulle dinamiche dei fiumi marchigiani.
Sono da vari anni coordinatore dell’Osservatorio dell’Acqua della Provincia di Ancona e nel 2007 sono inoltre stato incaricato dal Comune di Jesi di seguire i progetti AERCA finanziati dalla Regione Marche tra i quali, uno verteva sulla progettazione di una canale scolmatore proprio in corrispondenza della Riserva al fine della mitigazione del rischio di esondazione.
Si deve sottolineare che oltre al Progetto dello scolmatore realizzato dall’Ing. Falappa di Jesi, l’area era già stata oggetto di un ulteriore Progetto da parte dell’Ing.Trentin & Co e mentre il progetto Falappa è un progetto preliminare quello di Trentin e soci era un progetto esecutivo finanziato e realizzato per tre dei quattro stralci che lo componevano.
L’unico stralcio non realizzato era quello riguardante la Riserva Naturale di Ripa Bianca di cui sono da anni accantonati i fondi stanziati. Ma perché tanti studi e progetti in quest’area?
Si tratta di un’area estremamente critica principalmente per la presenza di una briglia in cemento realizzata ed utilizzata dall’ENEL a fini idroelettrici. Questa briglia è stata ricostruita dopo che nel dicembre del 1990, durante una piena eccezionale, il fiume aveva superato gli argini e si era riversato nella pianura aggirando la briglia,in sinistra idrografica e devastando i campi coltivati, operando una impressionante erosione della sponda sinistra che aveva condotto, tra l’altro al crollo di un pilastro dell’alta tensione. Un settore esteso della pianura dopo l’evento era stato incorporato nel letto di piena ordinaria e non più riutilizzato a fini agricoli. Si tratta di larga parte di quello che oggi costituisce il percorso naturalistico all’interno della riserva e ricolonizzato dalla vegetazione arborea.
La risistemazione della pianura e dell’alveo era stata effettuata dalla Regione Marche e dunque a spese dei contribuenti. La briglia non era stata realizzata a regola d’arte e purtroppo non venne posto rimedio agli errori precedenti durante la risistemazione dell’area successiva all’evento del 1990. Una briglia è infatti una struttura più o meno rigida, in questo caso estremamente rigida essendo in cemento, realizzata per stabilizzare la quota dell’alveo a monte della stessa. Vengono realizzate comunemente a valle di ponti o, come in questo caso, di canali artificiali. Per donare una certa flessibilità ad una briglia questa viene comunemente munita di sghiaiatore, una apertura meccanica che permette durante i periodi di piena il transito dei sedimenti da monte verso valle.
Nella briglia in questione lo sghiaiatore non è mai stato costruito con il risultato che negli ultimi decenni tutto il tratto a valle è stato interessato da importanti fenomeni di erosione in alveo dove si è raggiunto il substrato. Il tratto a monte è stato invece interessato da una importante sedimentazione che ha condotto il fiume a uscire quasi tutti gli anni dal proprio alveo con importante perdite economiche alle culture. Fortunatamente, almeno sinora questa deviazione viene abbandonata alla fine della primavera ed il fiume è sempre rientrato nel proprio tracciato ordinario. Una estesa divagazione nella pianura è stata sinora impedita da un argine artificiale realizzato per contenere un torrente secondario. Nell’argine di questo canale e soprattutto poco più a valle ma sempre a monte della briglia l’erosione di sponda ha da alcuni anni creato dei varchi che guidano dei fenomeni di rotta sinora modesti ma in caso di piena eccezionale costituirebbero delle vie preferenziali per eventuali rotte.
La sedimentazione ha avuto inoltre come conseguenza anche quella di abbassare l’altezza, e dunque la sezione libera, in corrispondenza del ponte della superstrada che attraversa il fiume circa 2 chilometri a monte della briglia.
Ora se un albero venisse eroso dalle sponde durante una prossima piena esiste una elevata probabilità che il naturale deflusso delle acque possa essere bloccato con seri problemi al ponte stesso ed ovviamente anche alla superstrada. Il rischio maggiore però interessa la Riserva dato che se si verificasse un evento analogo a quello del dicembre 1990, eventi che sono attesi con tempi di ritorno di 20-50 anni, il fiume uscirebbe dagli argini in sinistra idrografica spazzando nuovamente la pianura. Risulterebbero interessate da alluvionamento la sede della Riserva ed alcune delle abitazioni presenti in questo settore, l’area verde e tutto la vegetazione ripariale cresciuta nell’ultimo ventennio oltre che il laghetto sui cui bordi si è sviluppata una estesa garzaia. Questa area di nidificazione nel 1990 era ubicata sul bordo del fiume ma dopo la piena si è spostata sui bordi di un laghetto artificiale posto poco a valle della sede del Parco. I calcoli effettuati dall’Ing.Falappa mostrano che la piena potrebbe giungere inoltre sino al rilevato dell’autostrada mettendo a rischio uno degli assi viari più importanti della Regione.
Cosa si potrebbe fare per mitigare il rischio?
La cosa più semplice da fare e persino auspicabile, condivisa sia dal Progetto Trentin che dall’analisi dell’Ing.Falappa, è la realizzazione di uno sghiaiatore che abbasserebbe il livello della pianura a monte delle briglia aumentando la sezione a disposizione della corrente durante le piene e dunque riducendo il rischio. Più profondo lo sghiaiatore minore il rischio.
Uno sghiaiatore inoltre opererebbe una incisione progressiva del tratto a monte, permettendo dunque una pianificazione di interventi sugli argini per abbattere gli alberi che si trovassero a rischio di essere abbattuti e di occludere lo sghiaiatore stesso. Questa operazione aumenterebbe in breve tempo l’altezza anche della sezione del ponte della Superstrada. Avrebbe inoltre come ulteriore conseguenza positiva l’apporto di sedimenti a valle della briglia, settore che è stato interessato da costante erosione negli ultimi decenni. I sedimenti avrebbero inoltre maggiori possibilità di giungere al mare dove a tutti è nota la situazione di grave erosione che interessa tutto il litorale e che è in larga parte da attribuire alla mancanza di apporti di sedimenti proprio dall’Esino.
In alternativa la medesima operazione, cioè l’abbassamento dell’alveo e l’aumento della sezione bagnata, potrebbe essere realizzato con mezzi meccanici, come previsto nel Progetto “Trentin”, ma i gestori della Riserva, ed attuali progettisti dell’ennesimo intervento, si sono sempre opposti a qualsiasi operazione che potesse interessare sia l’alveo che le sponde perché a loro parere potrebbero compromettere l’ecosistema fluviale.
Il Dr. Dignani, anch’egli rappresentante delle Associazioni Naturalistiche presso l’Osservatorio della Provincia di Ancona, quando si è trattato di approvare una mozione tendente a far ripristinare lo sghiaiatore è stato l’unico a non approvare questo tipo di intervento.
Il progetto “Falappa”, in mancanza della possibilità di realizzare uno sghiaiatore, ha invece previsto la realizzazione di un canale scolmatore con metodi di ingegneria naturalistica che durante una eventuale piena canalizzi le acque a valle della briglia.
Il Progetto presentato da Belfiori, Dignani ed altri tecnici non interviene sulla briglia, non prevede la realizzazione di uno sghiaiatore e sostanzialmente si limita a creare degli spazi di esondazione per le piene che dovrebbero essere acquisiti, cioè acquistati, dalla Provincia o dalla Regione Marche. In questi terreni verrebbero realizzate delle piccole zone umide e soprattutto interventi di riforestazione ed ampliamento della vegetazione ripariale. Il costo complessivo dell’intervento, incluso l’acquisto dei terreni, si aggira sui 1,6 Milioni di Euro. Gli estensori del progetto parlano di rinaturalizzazione dell’area.
Sono interventi sufficienti per mettere in sicurezza l’area?
I tecnici che si sono occupati dell’area in precedenza (Trentin e Falappa) hanno chiaramente detto di no.
In caso di piena straordinaria le acque occuperebbero l’intera pianura certamente rinaturalizzandola, se rinaturalizzare significa che l’alveo potrà esprimere tutta la sua capacità erosiva e distruttiva senza barriere. Sembra che i progettisti non si rendono conto che durante una piena eccezionale la capacità di trasformare la pianura di un fiume sia enorme e metta a rischio tutto quello che nell’area è stato realizzato negli ultimi 20 anni soprattutto con il denaro dei contribuenti. Il flusso idrico se fuoriesce dall’alveo ed aggira la briglia per tornare in alveo ha un dislivello di oltre 7 metri che dona alla flusso idrico una capacità enorme di erosione perché crea una cascata che si sviluppa su sedimenti fluviali, cioè sciolti.
Credo dunque che prima di realizzare qualsiasi progetto di rinaturalizzazione si debba pensare a mettere in sicurezza le strutture e le cose ed il Progetto presentato non sembra prevedere nulla al riguardo.
E’ d’altra parte difficile ed estremamente costoso proteggere il rilevato della superstrada che delimita l’area raggiungibile da una piena straordinaria, proteggere le abitazioni che insistono su questo settore ed inoltre impedire che il flusso idrico che fuoriesce dall’alveo al suo ritorno nello stesso a valle della briglia non generi una cascata.
Devo però sollevare anche un’altra critica al Progetto. Infatti il sottoscritto vede un chiaro conflitto di interessi. I tecnici che hanno presentato il progetto, includono il Direttore della Riserva, Belfiori ed il Dr. Dignani, un esperto di fiducia del WWF. Questi tecnici hanno avversato e posto il veto su tutti i progetti avanzati da tecnici di indubbio valore e con conclamata esperienza anche nel campo dell’Ingegneria Naturalistica ed hanno infine avanzato un proprio progetto. Al sottoscritto sembra una procedura anomala ma qui non ci si meraviglia più di nulla. Forse sarebbe stato il caso di fare un Bando ma, in fondo, un progetto era stato già bandito ed assegnato all’Ing. Trentin!
Un’analisi preliminare del progetto, che sinora per quello che sono le mie conoscenze, è allo stato preliminare mi conduce ad avversare fortemente il progetto perché, in qualità di tecnico, mi sembra estremamente superficiale e non in grado di mettere in sicurezza l’area. Insomma sembra auspicabile che si crei una Commissione che valuti accuratamente la fattibilità del progetto e giunga ad una valutazione delle pericolosità e dei rischi. Una commissione che dovrebbe essere costituita da tecnici competenti e non da persone coinvolte emozionalmente.
Mi è giunta voce che una Commissione sia stata creata nel Comune di Jesi ma non abbia tecnici al suo interno se non lo stesso Dr. Dignani.
Il mio intervento è da tecnico ma anche da cittadino, iesino ed amante del fiume e della Riserva, riserva dedicata a Sergio Romagnoli, un mio caro amico che da tecnico forse avrebbe avuto qualcosa da ridire sulle soluzioni prospettate dai tecnici della Riserva. Il mio intervento è anche da contribuente che non vuole che sia sprecato denaro pubblico prima che sia garantita la sicurezza dell’area e la bontà degli interventi. Vorrei che in questo paese dove pochi si prendono la responsabilità di quello che dicono, nel caso si verificasse un disastro come quello verificatosi poche settimane fa in Lunigiana, alle Cinqueterre o a Genova c’è chi lo aveva segnalato da tempo e nessuno di coloro che poteva evitarlo ha sinora fatto nulla. Non è che sulla prevenzione dei disastri si può giocare o affrontarla con approssimazioni.
Di chi sarebbe la responsabilità in questo caso?
Solo dell’ignoranza di alcuni tecnici ? L’ENEL avrebbe dovuto realizzare gli scaricatori ma non li ha realizzati.
L’Ente pubblico preposto al controllo e che doveva verificare la presenza di una sghiaiatore non ha controllato e fatto rispettare le più normali soluzioni ingegneristiche.
Alcuni tecnici di Associazioni naturalistiche, con l’avallo di Associazioni Naturalistiche, non hanno voluto far chiedere di rispettare accorgimenti tecnici corretti e di routine perché credono che le aree circostanti una Riserva debbano essere rinaturalizzate anche a scapito della sicurezza della stessa riserva.
E come mai il Progetto Trentin, progetto esecutivo già finanziato non è stato realizzato? E come mai malgrado ci siano stati vari studi che abbiano chiaramente esplicitato la pericolosità dell’area nessuno in questi anni ha fatto nulla per metterla in sicurezza? Eppure un evento calamitoso, un evento che si potrebbe verificare questo inverno, rischia di distruggere una riserva naturale su cui tante energie sono state investite e si continuano ad investire. Se due gruppi di tecnici indipendenti dimostrano la pericolosità di un’area possibile che non ci sia chi reclami che si seguano tali indicazioni? Possibile che un progetto esecutivo già finanziato venga bloccato e si cerchi di stravolgerlo? Possibile che alcuni naturalisti inesperti mettano sotto scacco una comunità?
Tutto è possibile in questo povero paese. Ma che almeno non si dica che qualcuno, cioè il sottoscritto, che ha letto tutte le relazioni e si è anche occupato di tematiche analoghe, da un punto di vista tecnico non lo aveva previsto e non ci gioca la faccia. Ed inoltre non vorrei che mi si dica che queste accuse vengono da qualcuno non attento ai problemi di un fiume. Che ci sia la corsa a chi è più ambientalista. Qui non si tratta di ambientalismo ma di buon senso.
Io non ho interessi in questa questione ed il mio intervento è per puro spirito civico. Farò la “Cassandra” della situazione e spero che l’evento calamitoso non si verifichi mai ma, a mio modesto parere, le probabilità crescono con il passare degli anni. Se si verificherà tra 20 anni magari i tecnici che l’hanno permesso saranno introvabili per vari motivi e toccherà ancora una volta al povero contribuente pagare le conseguenze di scelte errate.

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-12-2011 alle 13:09 sul giornale del 30 dicembre 2011 - 1136 letture
In questo articolo si parla di attualità, fiume esino, mauro coltorti
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