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Eabes: fatti & misfatti nell'innovazione di processo

Bambino che piange 4' di lettura 22/10/2010 -

Come evitare che un’innovazione di processo progettata in modo asetticamente “perfetto” non riesca a tramutarsi in realtà. “Eppure tutto era stato progettato così bene!” – con questa lamentela e quindi con una più o meno evidente insoddisfazione si chiudono purtroppo troppo spesso gli iter d’innovazione di processo che vengono intrapresi all’interno dell’aziende.



Come sempre per capire le cause di un fenomeno bisogna risalire alla sua sorgente, e così si capisce che…
…nelle fasi di progettazione ed adozione dei “nuovi” processi sono necessarie modifiche nel modo di lavorare e, soprattutto, nelle competenze (skills) di management (capacità di analisi scenari e previsione loro evoluzione, pianificazione, gestione, controllo), oltre che nelle tecnologie ICT a supporto.

Ogni innovazione di processo coinvolge quindi 3 innovazioni:

• le metodologie, cioè il modo di lavorare;

• le tecnologie, cioè quello che rende possibile …;

• le competenze degli attori coinvolti, che devono essere motivati

ed aggiornati, perché cambia il modo di lavorare.

Cosa succede se una delle tre aree viene a mancare?
Nel caso più frequente a non essere tenuta in considerazione è l’area delle risorse umane. Il problema non è solo ed unicamente di addestramento all’uso dei nuovi tools e delle nuove metodologie, (nuovo modo di lavorare) ma soprattutto di nuovi ruoli professionali. Purtroppo, quasi tutti sono particolarmente affezionati al proprio “vecchio” ruolo ed alle proprie abitudini. Qui si commettono gli errori più critici e deleteri, perché non progettando a priori e non gestendo in modo pro-attivo il cambiamento si creano i presupposti per le vendette a posteriori che finiscono per compromettere il progetto.

Altre volte a non essere curato è l’aspetto dell’organizzazione. Ci si dimentica così di analizzare quali partner (dirigenti, quadri, agenti, distributori, fornitori, ecc.) hanno le capacità e la volontà di partecipare in modo “collaborativo” ad un progetto innovativo, quali devono cambiare funzione e/o impresa, quali nuovi “talenti” sono da ricercare sul mercato, ecc. Questo approccio che dovrebbe essere prioritario e propedeutico a tutto il progetto, nella realtà viene spesso gestito in maniera marginale o residuale: siccome ho spiegato come dovrebbero funzionare i processi, siccome ho installato questo nuovo tool IT, allora vediamo di assegnare le attività alle persone, spesso aumentando anche il carico di lavoro.

Un altro problema è quello relativo all’IT e si suddivide a sua volta in Hardware (HW) e Software (SW). Qualche volta non viene scelto l’HW più adatto e, per questioni di budget, ne viene adottato uno sottodimensionato: quando dal progetto pilota, o dalle prime applicazioni, si cerca di andare a regime, con un numero di utenti elevato e con i volumi reali, il sistema si siede. Poi, evidentemente, vi è anche un discorso di SW: della sua scelta, delle sue personalizzazioni ed integrazione con i sistemi preesistenti che in parte rimangono in funzione.

Se tutto quanto detto riguarda il come va condotto un iter di innovazione di processo, bisogna altresì evitare di fare errori circa il chi fa, il che cosa si vuol fare e con quali risorse.

Così il project manager, sia esso interno o esterno all’azienda, deve partire da una conoscenza approfondita dell’ impresa (mercato, partner interni ed esterni, ecc.) e affiancarvi delle competenze diffuse su tutte e tre le aree indicate per evitare che proprio lui sbilanci il progetto nell’una o nell’altra direzione. Indispensabile è poi il carisma che sempre deve accompagnare un capo progetto, e la capacità di essere al contempo ne troppo permissivo né troppo rigido: se è troppo rigido rischia di ingessare il progetto, ma se è troppo flessibile non potrà utilizzare l’energia necessaria per ottenere i risultati che ci si aspetta.

C’è poi il problema degli obiettivi: essi devono concreti, misurabili e osservabili, per evitare che progetti che non hanno centrato l’obiettivo atteso siano messi alla gogna per delle colpe che hanno solo in minima parte e che sono invece dovute ad eccesso di ambizioni nelle aspettative (obiettivi troppo ampi o vaghi).

Altro rischio da evitare è quello di fare interventi approssimativi con una squadra composta da risorse (esperti interni e consulenti esterni) non sufficientemente adeguate in termini di numero, know-how, ecc…, o in altre situazioni di comprimere troppo i tempi nella speranza di ottenere risultati in tempi brevi.

E per chiudere questo elenco dei fatti e misfatti nell’innovazione di processo…
…si deve evitare di prendere a modello l’azienda media del settore in cui opera l’impresa e meccanicamente introdurre le soluzioni-tipo (metodologia, tecnologia, ecc.). Operando in questo modo, alcune imprese si sono trovate, di fatto, ad avere delle innovazioni “perfette sulla carta”, ma che non tenevano conto della realtà e che sono state sistematicamente rifiutate dalle persone che avrebbero dovuto utilizzarle sia in azienda sia presso i propri partner (fornitori, canali di vendita, clienti finali).






Questo è un articolo pubblicato il 22-10-2010 alle 19:05 sul giornale del 25 ottobre 2010 - 22330 letture

In questo articolo si parla di economia, bambini, villa silvia, esabes, Saverio zitti, Domenico Colapinto

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