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Ancona: all'Università i giovani studiano la cirrosi epatica

2' di lettura 30/11/-0001 -
Il giovane specializzando della Clinica di Gastroenterologia dell’Università Politecnica delle Marche, il dottor Samuele De Minicis, attualmente in formazione alla University of California di San Diego, è uno dei principali autori di un articolo pubblicato recentemente su Nature Medicine, una delle maggiori riviste scientifiche in assoluto.

dall'Università Politecnica delle Marche
www.univpm.it


I suoi studi, condotti ad Ancona e proseguiti all’università di San Diego, con la quale la Clinica di Gastroenterologia mantiene fitti rapporti scientifici, anche in collaborazione con l’Università di San Francisco, ha permesso di dimostrare come stimoli importanti per l’aggravamento del danno nella cirrosi epatica possano derivare addirittura dall’intestino.

Premesso che la cirrosi epatica rappresenta lo stadio finale di tutte le malattie croniche del fegato, questo può essere danneggiato dal virus dell’epatite B e C, dal consumo eccessivo di alcol, dall’accumulo di grasso in corso di diabete, obesità e displipidemie. A tutt’oggi per queste condizioni non vi sono terapie efficaci e i farmaci utilizzati (come gli antivirali nelle epatiti da virus B e virus C) agiscono solo in una ridotta percentuale dei pazienti. Una buona parte degli insuccessi terapeutici è legata alle conoscenze solo parziali dei meccanismi che determinano la malattia. E’ ormai accettato che i diversi insulti al fegato determinano la morte degli epatociti (cioè delle cellule che costituiscono la parte attiva nei processi metabolici del fegato) e questo stimola delle cellule particolari (le cellule stellate epatiche) a produrre tessuto fibroso. Nelle fasi terminali, il fegato si riduce quindi a un’enorme cicatrice. L’unica terapia efficace in questa fase è il trapianto di fegato.

Ma solo di recente alcuni dati, ancora sperimentali, hanno permesso di completare il complesso mosaico che dal danno epatico cronico porta alla cirrosi. L’articolo dimostra infatti che le cellule stellate hanno dei recettori per sostanze a derivazione dai batteri intestinali. Durante il danno epatico cronico, le alterazioni della flora batterica intestinale determinano l’arrivo di queste sostanze al fegato e la conseguente attivazione delle cellule stellate in elementi che inducono la trasformazione in cicatrice del fegato. E’ interessante osservare che gli antibiotici che agiscono a livello intestinale sono in grado di ridurre la cirrosi nel fegato degli animali da esperimento. Se è quindi scontato che il passaggio da questo studio all’uso di tali mezzi terapeutici nell’uomo è al momento improponibile, bisogna tuttavia sottolineare da un lato il valore dei ricercatori dell’ateneo dorico, dall’altro i piccoli passi che la ricerca fa quotidianamente per colmare il divario esistente tra i farmaci in uso oggi e quelli più efficaci che si stanno ipotizzando per il prossimo futuro.

   

EV




Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 11 gennaio 2008 - 2575 letture

In questo articolo si parla di università politecnica delle marche

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