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Pesaro: si discute di cinema argentino

3' di lettura 30/11/-0001 -
“Ritrovarsi a Pesaro, soprattutto per noi argentini, significa veramente ritrovarsi a casa”, con queste parole beneauguranti fratellanza e sincero calore il cineasta Fernando Birri ha salutato l’invito pesarese, all’interno della importantissima retrospettiva dedicata al valore e alla qualità del, sempre parole di Birri, “nuevo nuevo nuevo nuevo nuevo nuevo… cine latinoamericano”, sempre troppo sommerso dai casi crudeli della Storia e dalla labile memoria dell’umanità.

da Fondazione Pesaro Nuovo Cinema
www.pesarofilmfest.it


Cinema argentino che ha visto una sua naturale evoluzione distributiva proprio grazie alla lungimiranza profetica del Pesaro Film Festival, capace di ospitare negli anni Sessanta tanto lo straordinario debutto artistico di Fernando E. Solanas (L’ora dei forni) quanto quello di Leonardo Favio (Cronica de un niño solo), presentato alla prima mostra di Pesaro nel 1965 e oggi autore su cui è focalizzata la retrospettiva monografica all’interno della più vasta esplorazione del nuovo cinema argentino, debitore dichiarato dell’opera di Favio.

Dopo gli omaggi a Favio, è oggi arrivato il turno di Fernando Birri e del suo bellissimo ZA 05. Lo viejo y lo nuevo, un collage didattico e collettivo nel quale si confrontano le sequenze dei film della fondazione del Nuovo Cinema Latinoamericano e le tesi degli studenti della EICTV in questi primi venti anni di vita, “un cercare più che una ricerca, un cercare delle risposte a tante domande che porto dentro, come tutti, domande che la realtà esterna mi pone; un cercare che non è mai un momento fine a sé stesso ma semmai in funzione di un permanente ritornare a chiedersi e a chiederci delle cose alle quali altre opere dovranno dare risposta”, ha spiegato il regista durante la tavola rotonda argentina che ha fatto da pendant alla proiezione del film di Birri.

Tavola rotonda che ha sancito l’aspetto di continuità, per usare le parole di Bruno Torri, tra un vecchio cinema argentino – quello dei padri Solanas, Birri, Favio, da sempre scoperti e riscoperti dal Festival di Pesaro – e un nuovo cinema argentino che si pone nel solco della tradizione ma trova anche agganci stimolanti e creativi nei confronti della modernità e della attualità. Un Paese dai mille sguardi in cui opera una cinematografia problematica, anzitutto da un punto di vista critico: a più di dieci anni dall’esplosione della nuova generazione di registi, quella che sembrava essere una corrente cinematografica dai tratti definiti e comuni si è invece rivelata come una ondata multiforme e dinamica, come ha ben illustrato il giovane ricercatore Daniele Dottorini. Una cinematografia peraltro accomunata da un‘idea di rinnovamento delle forme, di urgenza nel raccontare, di volontà di creare qualcosa che si ponga in una posizione di discontinuità con le generazioni precedenti. Un nuovo che parte, in molti casi, da zero: da budget ridotti o quasi inesistenti, da produzioni autogestite, da luoghi e spazi che per la prima volta emergono all’interno di un cinema che, nel corso degli anni ottanta, ha faticato a trovare una propria strada, una propria identità. Un fenomeno articolato, complesso e stimolante tanto per quanto riguarda le forme artistiche e i generi quanto per quello che concerne l’aspetto produttivo.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 01 luglio 2006 - 1109 letture

In questo articolo si parla di pesaro, mostra internazionale del nuovo cinema

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